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Stazione Davis Vantage Pro 2 Wireless
Luogo ricco di storia ed invidiato obiettivo turistico posto a nord-ovest della Regione Abruzzo, ‘’Il Ceppo” ricade nel territorio del Comune di Rocca Santa Maria, da cui dista circa 10 chilometri, al confine con i Comuni di Valle Castellana, Cortino e Torricella Sicura: ci troviamo all'interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, nella zona più frastagliata e montuosa della provincia di Teramo! Il piazzale del Ceppo (1.334 metri s.l.m.) è circondato da una splendida foresta ed è raggiungibile, anche da Acquasanta Terme, per mezzo di lunghe e tortuose strade. Ci si può arrivare anche direttamente con le bici, partendo da località site più a valle, sia dal versante teramano che da quello ascolano. Al giorno d’oggi, l’omonimo rifugio consente sosta e ristoro per ogni turista che, oltre al territorio, vorrà conoscere la storia di questi posti, partecipare ad escursioni guidate, gustare sapori locali, cucinare nei bracieri di pietra e godere di momenti di relax nel verde. Agli inizi del ventesimo secolo, invece, fu realizzata una teleferica che dal Ceppo trasportava il legname mediante una struttura a fune che attraversava la vallata del Rivoleto (affluente del Tordino, un fiume che nasce nella Laga tra il monte Gorzano - mt. 2.455 - ed il monte Pelone - mt. 2.230 – che inizialmente scorre nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso verso est con un regime di tipo torrentizio e che successivamente compie un arco verso nord aggirando il monte Bilanciere - mt. 1.263) compiendo un salto di oltre 600 metri di quota, all'epoca tra i più alti d'Europa. Sia dal Ceppo (luogo famoso tanto per la raccolta di funghi di specie variegate e delle migliori qualità quanto per la viva presenza di fragole, mirtilli e lamponi) che dall’adiacente zona del bosco Martese (un territorio di conquista per numerosi micofagi, ma che assurge ad essere anche luogo ricco di biotopi, erbe officinali rare e spettacolari faggi torti) ci si può dirigere, a piedi ed in mountain bike, verso varie mete. Piacevolissime anche le semplici escursioni nello stesso bosco Martese, soprattutto se ci si immerge in autunno, tra contrastanti colori ed aspri ma piacevoli odori. In inverno, invece, prossimo alla zona, si può praticare anche lo sci alpinismo. Vari gli itinerari meritevoli di approfondimento naturalistico. Suggestiva, ad esempio, è la passeggiata per visitare le cascate della Morricana (mt. 1.515), tra le più grandi dell'Appennino, preferibilmente da compiersi in primavera allo scioglimento della neve. Allettante, altresì, è l’ascesa verso il pianoro del lago dell'Orso (mt. 1.781), con la non distante cascata della Cavata, che si raggiunge dopo circa due ore di cammino percorrendo anche una strada carareccia: dalla radura si può ammirare tutto il gruppo montuoso della Laga con, sulla sinistra, la vetta del monte Gorzano cui risulta attribuito il primato in altezza dell’intera catena. Da non perdersi, poi, i coinvolgenti per quanto più impegnativi percorsi verso le erbose vette della Laga. Degno di menzione è l’avvincente itinerario che si snoda lungo il sentiero che costeggia il bosco Martese e che, dopo alcuni chilometri di falso piano, sale sulla sinistra – dopo aver superato “La Storna” - alla volta di Pizzo di Moscio (mt. 2.411). Il piccolo Comune di Rocca Santa Maria, di cui ‘’Il Ceppo” fa parte, è composto da diverse frazioni e contrade molto distanziati, ed è ricco di verdi pascoli, di alture boscose e di limpide sorgenti che, prima di raggiungere i torrenti Tordino e Castellano - lungo i cui alvei fluviali sono presenti, peraltro, molti ruderi di piccoli mulini ad acqua - disegnano fantastiche scenografie di cascate e giochi d'acqua naturali. In massima parte, il territorio ricade nel bacino idrografico del Tordino, in piccola parte in quello del Castellano ed in piccolissima parte nel bacino del Salinello (zona monte della Farina). Nei pressi del Comune di Rocca Santa Maria, scorre il Vezzola, corso relativamente piccolo che nasce ad una quota di 1.070 metri, sotto il colle Buonanotte, nei pressi di Serra. Il torrente ha origine dalla riunione di tre fossi, il più importante dei quali è detto Fonte Grande. L’intera zona altimetricamente più elevata, ad ovest, presenta posti aventi caratteristiche naturalistiche pregevoli. Su tutti, il secolare bosco Martese, appunto, oggi splendida macchia verde ma custode di forti momenti patriottici del passato. Nel settembre 1943, infatti, nell’ambito dell’insurrezione contro il nazifascismo, fu terreno di aspre battaglie tra partigiani e tedeschi [Il 17 settembre 1943 un contingente di soldati italiani, di stanza a Teramo, decise di non consegnarsi ai tedeschi e si trasferì in località Ceppo; qui trovò antifascisti teramani, tra i quali i fratelli Rodomonti e Armando Ammazzalorso, arrivati il 23. Nei giorni seguenti, giunsero altri ex prigionieri creandosi in tal modo un drappello di insurrezionali. Il gruppo si divise in tre parti: il partito d'Azione, quello Estero, e quello dei Comunisti, rispettivamente comandati dall'avvocato Felice Mariano Franchi, dal tenente colonnello Dushan Matiyasevic e dal tenente Francesco Di Marco. Il 25 settembre un contingente di tedeschi si diresse verso il luogo di bosco Martese: la cruenta battaglia durò circa tre ore, epilogando con i tedeschi che dovettero ritirarsi con cinquanta morti e cinque camion distrutti. Dopo il combattimento, gli insorti dispersero le piccole bande per continuare la lotta, ma i tedeschi scatenarono immediatamente la rappresaglia contro i civili, giustiziando cinque prigionieri presi a bosco Martese e ammazzando, in seguito, sia dei carabinieri che Mario Capuani, promotore di una segreta organizzazione della rivolta nella sua casa]. Seppure l’estensione del territorio di Rocca Santa Maria – che nel Medioevo, peraltro, ebbe importanza come castello fortificato - non risulti rilevante, ricca è la presenza di monumenti e luoghi di culto. Fra essi, si ricordano la chiesa di San Michele, in contrada Sant'Angelo, risalente al XIII secolo; la chiesa di Sant’Egidio, posta nella disabitata contrada di Arquatola (XIV secolo); la chiesa di Santa Cecilia, in contrada Macchia Santa Cecilia (XIV secolo); la chiesa di San Martino a Fioli (XIV secolo); la chiesa di Santa Maria Assunta, in contrada Alvelli (XV secolo); la chiesa di Santa Maria, in contrada Canili (XVI secolo); la Chiesa di San Nicola di Bari a Ciarelli (XVII secolo); la Chiesa di San Pietro a Faiete (XVII secolo). Altre chiese importanti sono quella della Natività di Maria, in contrada Fiume; la chiesa di San Lorenzo a Fustagnano, la chiesa di San Lorenzo a Cesa, la chiesa dell'Arcangelo e la chiesa del Salvatore, posta in un villaggio disabitato in contrada Serra. La Laga è il rilievo arenaceo più elevato dell'Appennino e costituisce il quinto gruppo montuoso per altezza dopo Gran Sasso, Maiella, Velino-Sirente e monti Sibillini. Tra alternanze di cascate d'acqua o di ghiaccio (la cui rilevante presenza è possibile considerata la tendenziale impermeabilità dei suoli che favorisce lo scorrimento superficiale delle acque) e fitti boschi di faggio, completano le maggiori elevazioni morfologiche della Laga altre quattro vette: la Cima Lepri (mt. 2.445), il Pizzo di Sevo (mt. 2.419), il monte Pizzitello (mt. 2.222) ed il più meridionale monte di Mezzo (mt. 2.155). Sull'estremità orientale del gruppo dei monti della Laga si colloca, invece, la montagna dei Fiori - gruppo che presenta due prominenze principali ovvero il monte Girella (mt. 1.814) ed il monte Piselli (mt. 1.676), che, insieme alla montagna di Campli, forma il cosiddetto massiccio dei monti Gemelli, alture separate tra loro dalle Gole del Salinello. In particolare, la montagna di Campli forma una mezzaluna con la profonda gola del fosso Bianco, che separa i due rilievi principali (il Monticchio - mt. 1.442 - che domina l'abitato di Battaglia ed il Foltrone - mt. 1.718 - vetta più elevata del gruppo) garantendo un ulteriore spettacolo naturalistico grazie alla non distante valle degli Scoiattoli ove è sovente praticata l'arrampicata sulle pareti di compatta roccia calcarea. Le Gole del Salinello, invece, fanno parte dell’omonima Riserva regionale e risultano tra i maggiori esempi di erosione dell'Appennino centrale essendo caratterizzate, appunto, da rocce scavate dal fiume Salinello (così denominato in ragione della presenza di alcune saline presso la foce) che nasce dal monte Panaccio – mt. 1.221 – conservando acque generalmente esenti da forme di inquinamento ma altresì soggette a prosciugamento durante le stagioni estive più siccitose. I monti della Laga sono in buona parte ricoperti da foreste ed ospitano boschi d’abete bianco e nuclei di betulla. A quote inferiori, sono presenti anche querceti e castagneti, impiantati già in epoca romana. La faggeta è la formazione forestale più estesa e si sviluppa tra i 1.000 e i 1.800 metri di quota. Al faggio spesso si associano o sostituiscono il tasso o l’agrifoglio, mentre aceri, tigli, frassino ed olmo montano rivestono le forre (profonde gole con vicine pareti verticali tra le quali scorre un corso d'acqua). Dal punto di vista faunistico, animale simbolo della Laga è sicuramente il camoscio appenninico; l’area protetta, tuttavia, conta anche altri mammiferi, come il cervo, il capriolo ed il lupo appenninico. Sono presenti, inoltre, la martora, il gatto selvatico, il tasso, la faina, la puzzola e l’istrice, mentre alle alte quote vive ancora un piccolo roditore ovvero l’arvicola delle nevi. La stazione di rilevamento dati è una Davis VP2 ubicata, ad un’altitudine di 1.365 metri s.l.m., presso il rifugio ‘’Il Ceppo’’, struttura sorta - all’interno di originaria casa cantoniera - grazie alla volontà di poter offrire agli amanti della natura un ambiente confortevole dove poter soggiornare o anche solo ristorarsi durante una passeggiata tra i meravigliosi boschi circostanti. Le sue funzionalità di osservazione e registrazione di dati meteorologici (es. temperatura, umidità, precipitazioni, pressione atmosferica, velocità del vento) risultano integrate con il posizionamento in zona di una webcam Foscam: si tratta di un modello di telecamera, dai contenuti visivi molto soddisfacenti, programmata con scatti cadenzati di tre minuti. Parametro particolarmente attenzionato è quello della piovosità che risulta significativa già in caso di annata “normale”: non sorprenda, infatti, che si possano avvicinare o addirittura oltrepassare i 1.500 millimetri! Per quanto equamente distribuite durante le quattro stagioni, le precipitazioni registrano i maggiori accumuli in autunno - in genere nei mesi di ottobre e novembre - ma anche in primavera. Nel cumulato annuo, si devono rendicontare ed allo stesso tempo distinguere sia i millimetri derivanti dalla fusione della neve (quando la coltre si deposita magari con temperature non di troppo inferiori agli zero gradi centigradi, condizione che non consentirebbe altrimenti lo scioglimento), sia, ovviamente, i ‘’tanti’’ millimetri che producono quei temporali di calore estivi, potenti e spesso coreografici per via della formazione di cumulonembi (imponenti nubi torreggianti). Analogamente, considerati i picchi precipitativi possibili, non è raro che la zona sia interessata in inverno da consistenti precipitazioni nevose (esempio più recente è quello dell’anno 2017 quando, nel mese di gennaio, si misurarono ben quattro metri di accumulo). Ciò si verifica per le conseguenze del combinato disposto, nella zona monitorata, tra l’ingresso di correnti fredde ed un accentuato e localizzato ‘’effetto Stau’’ [Lo Stau (parola tedesca che significa “coda”, "ristagno") è un vento di risalita che si presenta quando una corrente d'aria, nel superare una catena montuosa, perde parte della propria umidità che condensa in precipitazioni. Questo fenomeno favorisce maggiori accumuli pluviometrici nelle località poste in prossimità delle catene montuose che vanno man mano diminuendo allontanandosi dai rilievi (in Italia i più imponenti effetti dello Stau si producono lungo la catena alpina ed appenninica, a seconda della direzione di provenienza delle correnti umide e dei fronti nuvolosi. Nel caso di perturbazioni atlantiche provenienti da ovest e preannunciate da venti di libeccio, ad esempio, le precipitazioni maggiori impegneranno i versanti tirrenici della dorsale appenninica). Al di là della catena montuosa, di contro, si avrà un vento secco e caldo, detto favonio o Föhn, poiché l’aria secca si riscalda diabaticamente più velocemente di quanto si raffredda l’aria umida salendo sopravento: per questo motivo, tra i due versanti delle catene montuose - ad esempio regioni adriatiche e tirreniche – si generano spesso condizioni meteorologiche diametralmente opposte]. Stante una così costante alta percentuale di umidità, l’ambiente nei dintorni presenta sovente degli strati nebbiosi, tanto da agevolare ulteriormente la consolidazione del preesistente strato di humus nel terreno. E’ uno dei ‘’connubi ambientali’’ più importanti e significativi, sia per la sopravvivenza della flora che per il generantesi habitat faunistico che ne trae conseguente giovamento. L’installazione descritta: integra i posizionamenti di altre centraline meteo associative già attive sul lago di Campotosto, Campli, Valle Castellana ed Acquasanta Terme, tutti Comuni facenti parte integrante dei monti della Laga; si è concretizzata - peraltro in tempi ristretti - grazie alla generosità di appassionati di meteorologia, escursionisti, frequentatori del luogo e fungaioli, da sempre attenti a questa bellissima porzione di territorio teramano; si è resa fattivamente possibile grazie alla disponibilità gestionale del rifugio “Il Ceppo”, ospitante la strumentazione ricettiva.
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