Ass. AQ Caput Frigoris ©fondata nel 2006
La vista di un paesaggio completamente ammantato di neve è il più bello spettacolo che la natura possa offrire all'uomo. La neve si forma nell'aria per il congelamento di gocce d'acqua sopraffuse, attorno a microscopici nuclei solidi, a temperature comprese generalmente tra -12° e -16°C. I cristalli di ghiaccio si aggregano formando ramificazioni (dendriti), dando così vita ad un fiocco di neve. Quando i fiocchi sono sufficientemente pesanti cadono al suolo. Lungo il percorso tra la nube e la superficie, il fiocco di neve incontra temperature dell'aria diverse. In genere, scendendo dall'alto verso il basso la variazione è dell'ordine di 0,6°C ogni 100 metri di quota. Nevicata che dunque imbiancherà fino alla quota dello zerotermico. E' possibile, in caso di forte precipitazione, che la neve si possa spingere anche di 300/400 metri al di sotto dello zerotermico. Si formano quindi cristalli di neve di diversa forma e diversa grandezza, variabili con la temperatura, l’umidità e la pressione di saturazione del vapore. In realtà esistono molti tipi di precipitazione nevosa che cerchiamo di semplificare nello schema seguente:
Non esistono due fiocchi identici... Diciamo che la natura ha voluto dare un segno univoco ad ogni suo capolavoro. Però esistono categorie ben distinte che accomunano i fiocchi di neve per forma e dimensione. La tabella rappresenta una classificazione completa delle tipologie di fiocchi di neve. Come misurare la neve - OMM Standard
I dati seguenti sono tratti dalla pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico Italiano, “La nevosità in Italia nel quarantennio 1921-1960” edita dall’Istituto Poligrafico dello Stato nel 1971.
Dati 1921-1960, stazione meteo del castello di L'Aquila: Accumulo stagionale medio: 83 cm Durata manto nevosa al suolo: 40 giorni Numero giorni con nevicate: 19 Minime assolute 1921-1960: Gennaio: -17°C Febbraio: -17.8°C Marzo: -13.9°C Aprile: -5.2°C Maggio: -0.8°C Ottobre: -2.2°C Novembre: -8.2°C Dicembre: -18.6°C
Il fenomeno delle stagioni è causato dall'inclinazione dell'asse terrestre e dal moto di rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole, da ovest verso est. La Terra infatti, orbitando secondo una traiettoria di forma ellittica, di cui il sole occupa uno dei due fuochi, descrive praticamente un piano che a sua volta viene chiamato eclittica. Durante questo tragitto essa mantiene l'asse di rotazione parallelo a se stesso, Il periodo di tempo impiegato dalla terra per compiere una rivoluzione completa dura 365 giorni 5 ore 48 minuti e 46 secondi. L'alternarsi delle quattro stagioni astronomiche è una conseguenza del moto di rivoluzione e dell'inclinazione dell'asse terrestre (l'asse terrestre é inclinato di 66° 33’ rispetto al piano dell'orbita e di 23° 27’ rispetto alla normale a tale piano. L'entità dell'inclinazione varia ciclicamente tra circa 22,5° e circa 24,5° con un periodo di 41000 anni; attualmente è di 23°27'. Inoltre l'asse terrestre ruota lentamente intorno alla perpendicolare all'eclittica, descrivendo un doppio cono e compiendo un giro ogni 25800 anni (52" all'anno). Questo moto è chiamato precessione degli equinozi ed è dovuto alla forza di marea esercitata dalla Luna e dal Sole. Vi sono infine delle oscillazioni dell'asse di minore entità (circa 20") con un periodo più breve (circa 18,6 anni): quest'ultimo moto è detto nutazione.). Toccando, così in determinati periodi dell'anno, quei quattro punti fondamentali che segnano il principio di ciascuna stagione, e che corrisponderanno ad altrettanti ed analoghi punti del percorso solare apparente essendo questo la proiezione celeste dell'orbita terrestre. La durata delle stagioni subisce lente variazioni nel tempo per la precessione degli equinozi e per le perturbazioni prodotte dagli altri pianeti sul moto di rivoluzione della Terra.
Equinozio di primavera (20 marzo: inizio dalla primavera) Il 20 marzo i raggi del sole colpiscono perpendicolarmente l’equatore (il sole è allo zenit sull’Equatore) illuminando tutto il globo allo stesso modo: è l’equinozio di primavera, cioè il giorno in cui il dì e la notte hanno la stessa durata. Solstizio d'estate (21 giugno: inizio dell'estate) Giorno in cui i raggi solari colpiscono perpendicolarmente il Tropico del Cancro, così i raggi ci arrivano perpendicolari determinando l’estate, al nord nell'emisfero boreale, e l’inverno al sud nell’emisfero australe. Tutti i punti a Nord dell'Equatore restano per un tratto più lungo nella parte illuminata e quelli a Sud dell'Equatore rimangono per un tratto più lungo nella parte oscura. Di conseguenza, solo all'Equatore si hanno 12 ore di luce e 12 di buio, mentre nell'emisfero settentrionale la durata del dì è maggiore di quella della notte e nell'emisfero meridionale è minore, e la differenza di durata aumenta con l'aumentare della latitudine; i luoghi compresi fra il Circolo polare artico ed il Polo nord, cioè nella calotta artica, restano illuminati durante tutta la rotazione terrestre, mentre quelli della calotta antartica (tra il Circolo polare antartico ed il Polo sud) restano nel frattempo al buio. Equinozio d'autunno (22 settembre: inizio dell'autunno) Il 22 settembre i raggi del sole colpiscono perpendicolarmente l’equatore illuminando tutto il globo allo stesso modo (il sole è allo zenit sull’Equatore): è l’equinozio d’autunno, cioè il giorno in cui il dì e la notte hanno la stessa (equi) durata. Solstizio d'inverno (21 dicembre: inizio inverno) Il 21 dicembre il sole raggiunge perpendicolarmente il tropico del Capricorno (emisfero australe), determinandone l’estate nell'emisfero sud, e l’inverno, nell'emisfero boreale. Il solstizio d’inverno: la notte più lunga e il dì più breve (emisfero boreale). Si hanno condizioni opposte al solstizio d'estate: il dì viene ad essere più lungo della notte nell'emisfero meridionale e più corto in quello settentrionale; completamente illuminata è la calotta antartica, completamente nell'oscurità quella artica.
Stagioni Meteorologiche A causa della diversa velocità della Terra lungo l'eclittica (maggiore al perielio e minore all'afelio), le stagioni astronomiche non hanno tutte la stessa durata: nell'emisfero boreale abbiamo complessivamente un semestre caldo (primaveraestate) più lungo di circa 7 giorni e 6 ore del semestre freddo (autunno-inverno) ed il contrario si ha nell'emisfero australe. Inverno meteorologico: dal 1 Dicembre al 28(29) Febbraio Primavera meteorologica: dal 1 Marzo al 31 Maggio Estate meteorologica: dal 1 Giugno al 30 Settembre Autunno meteorologico: dal 1 Settembre al 30 Novembre
Cos'è la corrente del golfo? E' una corrente marina calda che dal golfo del Messico arriva nella parte nord della penisola Scandinava. In pratica funziona come un impianto di riscaldamento. Il suo generatore di calore è il Golfo del Messico, il corpo radiante è l'Oceano Atlantico. Se non ci fosse questa corrente calda che svolge un'azione mitigatrice proprio sulla parte occidentale dell'Europa, compresa anche la penisola Scandinava, avremmo l'Inghilterra, Scozia, tutto il bacino del mar Baltico, ed altri paesi del nord Europa tutti ricoperti di ghiaccio e neve durante il periodo invernale.
Nell'immagine di cui sopra, vediamo come era fino al 2003. Ma oggi, come sta diventando? E' in fase di attenuazione costante ed incrementale. La causa principale è il riscaldamento globale (antropico o naturale), infatti questo favorisce la fusione dei ghiacci, e come nel nostro caso (ARTICO e ATLANTICO) lo scioglimento dei ghiacci causa un riversamento in Atlantico di acqua dolce e fredda che a sua volta fa sprofondare l'acqua salata e calda che arriva dal golfo Messico. Tale processo ha iniziato a manifestarsi dal 2003, addirittura nel novembre del 2004 per circa 10 giorni la corrente era cessata per poi riprendere. Ad oggi il blocco è realtà. Studi recenti ne confermano il quasi totale indebolimento: il gruppo dei ricercatori del Professor Bryden ha calcolato che dal 1957 al 1998 si è avuto un indebolimento della Corrente del Golfo, pari a 6 milioni di tonnellate di acqua al secondo. Lo studio sulla diminuzione della Corrente del Golfo è autorevole (UK's Natural Environment Research Council), e si avvale, oltre che di Satelliti di ben 16 boe che sono state allestite tra la Florida e l'Atlantico settentrionale. Viene calcolata la massa in movimento, la temperatura oltre che la salinità, il tutto alle varie profondità marine. La latitanza europea del flusso zonale, ed un sempre più continuo scambio meridiano della circolazione, ne sono una prova indiretta.
L'innesco per la reazione a catena: Questa fase di rallentamento potrebbe anche accelerare notevolmente, in quanto viene a ridursi l'effetto albedo. Se l'aumento globale della temperatura favorisce lo scioglimento dei ghiacci è naturale che ci saranno delle aperture in cui il terreno o il mare risulteranno visibili e proprio in quei luoghi non esisterebbe più il precedente effetto albedo, anzi al contrario ci sarebbe un immagazzinamento di calore che appunto fa accelerare lo scioglimento dei ghiacci. Questo fà ritenere che il processo possa essere più veloce del previsto. E di conseguenza, mentre a livello globale avremo un riscaldamento , la nostra Europa vedrà un calo delle temperature medie annuali di circa 6°c nel breve periodo di 15/20 anni.
CAPE (Convective Available Potential Energy) E’ un indice termodinamico riportato nei radiosondaggi che indica la quantità di Energia Potenziale Disponibile alla Convezione, espressa in joule/kg (J/kg). Avremo le seguenti fasce di riferimento: CAPE minore 500: assenza di temporali CAPE da 500 a 1000: possibilità di isolati temporali CAPE da 1000 a 2000: temporali abbastanza probabili CAPE maggiore 2000: temporali forti abbastanza probabili; possibili tornado Il CAPE rappresenta l’ammontare dell’energia di sollevamento disponibile per la porzione di atmosfera presa in esame. Maggiore è la differenza di temperatura tra la prorzione e l’ambiente, maggiore sarà il CAPE e quindi l’accelerazione verticale delle particelle di aria. Sebbene il CAPE sia sensibile alle proprietà della zona di partenza, di solito è considerato il migliore indice in quanto è calcolato prendendo in esame l’intero radiosondaggio e non utilizzando invece dei dati a delle specifiche e predefinite altezze.
LI (Lifted Index) E’ un indice termodinamico che può essere ricavato dai radiosondaggi ed esprime la stabilità atmosferica; è espresso in °C. Anche qui possiamo fare riferimento a delle fasce: LI > 2 assenza di temporali; LI 0 ÷ 2 possibilità di isolati temporali; LI -2 ÷ 0 temporali abbastanza probabili; LI -4 ÷ -2 possibilità di temporali forti; LI < -6 temporali forti abbastanza probabili; possibili tornado.
SHEAR (comunque è più proprio parlare di WIND SHEAR) è la variazione della velocità e della direzione del vento su una breve distanza (verticale od orizzontale); il wind shear (o semplicemente “shear”) più importante per lo studio sui temporali è quello verticale, essendo le nubi temporalesche a sviluppo verticale. Il wind shear favorevole allo sviluppo di intensa attività temporalesca corrisponde ad una unica configurazione: se il vento salendo di quota proviene da direzioni che ruotano gradualmente in senso orario (esempio SE al suolo, SSW a 1500 m e W a 5500 m avremo una rotazione all'interno della cella temporalesca in senso antiorario) oppure si può dire che il vento in quota deve provenire dalla sinistra rispetto alla direzione del vento che si trova nello strato inferiore questo è chiamato wind shear positivo poichè conferisce moto antiorario alla cella temporalesca che è in grado di "stimolare" la salita dell'aria.
Abbiamo un Cumulus Congestus in piena evoluzione, il suo aspetto è torreggiante ed inizia a farsi imponente, ora se tutte quelle condizioni di cui abbiamo parlato prima (ovvero CAPE, LI, Shear, Correnti in Quota ed Inversione Termica in Quota) sono favorevoli, ecco che il Cu passa allo stato di Cb, ovvero Cumulonimbus, che nella prima fase della sua evoluzione è Calvus (contorni in genere lisci, brillanti e ben definiti. Sommità arrotondata e si eleva a forma di montagna o di torre senza incudine o frange di cirri falsi. Possono dare origine a precipitazioni sottoforma di rovesci o a manifestazioni temporalesche). E gia parliamo di un TS, ma non molto intenso. Con il passare del tempo, sempre che le condizioni sopraccitate continuino ad essere favorevoli allora passiamo alla fase più matura del Cumulonembo, ovvero quando si inizia a formare l'incudine, stiamo allora parlando di un Comulonimbus Incus (questo Cb ha sommità appiattita (incudine), fibrosa e a volte distintamente cirriforme (cirri falsi) che è indice di pieno sviluppo. Rappresenta l'evoluzione successiva al Cb Calvus ed è così grande che la sua forma d'insieme può essere vista solo da notevole distanza. Al Cb Incus sono associati i fenomeni temporaleschi come grandine, rovesci e tornado. E qui stiamo parlando di un intenso TS che poi in condizioni estremamente favorevoli può diventare anche una supercella. L'incudine si forma quando l'updraft (la corrente ascendente che da vita del sistema temporalesco) del Cb raggiunge il cosiddetto "Equilibrium Level", che di norma viene posizionato poco al di sotto del limite massimo della troposfera, ma che può benissimo essere più basso, ovvero quando l'ascesa delle particelle d'aria inizia ad incontrare maggiore difficoltà nella salita ed inizia il ghiacciamento della parte superiore del cumulo (quando assume forme fibrose). Poi i venti in quota fanno il resto "appiattendo" letteralmente la parte superiore del Cb che a questo punto è diventato Incus, e quindi è entrato nella sua fase matura. Se dalle rilevazioni satellitari notiamo che la parte più alta del Cb è superiore all'Equilibrium Level allora siamo in presenza di un Overshooting Top (che indica inflow (crrenti ascensionali che entrano nel Cb) e quindi Updraft molto intensi, ma questa formazione appartiene principalmente ai temporali a supercella. Quindi riassumendo, le fasi sono: Cu Congestus Cb Calvus Cb Incus (fase matura) Cb Capillatus Incus (fase di dissolvimento del temporale).
La supercella è in assoluto il temporale più pericoloso e potente. La sua caratteristica principale, che lo distingue dagli altri, è la presenza di un updraft rotante ovvero di un "mesociclone". La sua formazione richiede una particolare coincidenza di eventi infatti le supercelle sono fenomeni rari in Italia. Una supercella ha un estensione geografica molto vasta (dell'ordine di centinaia di kmq) ed ha una vita autonoma che talvolta non è coerente con la circolazione nella media troposfera per via della deviazione dalla direttrice di moto indotta dalla forza di rotazione della supercella stessa. All’interno delle celle temporalesche il sistema delle correnti spesso non è ordinato secondo il classico schema della cella convettiva (correnti calde ascendenti e correnti fredde discendenti) a tal punto che ogni cellula temporalesca tende ad interferire con le correnti di una cellula vicina. Ma se si dovessero creare le condizioni per lo sviluppo di una sola singola cellula, allora il discorso cambierebbe totalmente. In questo caso il cumulonembo che si sviluppa prende il nome di supercella ed è costituito solo da due sistemi di correnti su vasta scala. Le condizioni favorevoli allo sviluppo di supercelle sono riassumibili in: 1) forte contrasto termico (gradiente termico verticale) tra la massa d’aria fredda in arrivo e quella caldo umida al suolo in fase di sollevamento. L’aria calda, leggera e umida, si scontra con aria più fredda, più pesante e secca e viene sollevata velocemente verso l’alto tanto più rapidamente quanto maggiore è la differenza di temperatura; 2) notevole riscaldamento del suolo favorito dal clima continentale delle grandi pianure tra le quali può essere inclusa la Pianura Padana; 3) forte differenza dei valori di umidità tra la massa d’aria entrante, costituita da aria secca, e quella in sollevamento, costituita da aria umida; 4) jet stream (correnti a getto) in quota oppure ai livelli medio-alti della troposfera, la quale contribuisce alla ciclogenesi nei bassi strati ed accelera la convezione favorendo così eventi come le grandinate ed i tornado; 5) il wind shear osservazioni dal vivo e simulazioni al computer suggeriscono che il cambiamento del vento con la quota (wind shear) nei bassi livelli favorisce la rotazione all'interno del cumulonembo. In particolare, se il vento è sufficientemente forte (almeno 50 km/h) e c'è un sufficiente wind shear verticale, fra i due strati d'aria che scivolano uno sull'altro (da direzioni diverse) si creano delle rotazioni orizzontali a forma cilindrica che a se stanti non destano alcuna preoccupazione. Tuttavia, l'eventuale comparsa di moti convettivi e successivamente dei temporali fanno sì queste rotazioni orizzontali si trasformino in rotazioni ad asse verticale e che quindi all'interno della nube l'updraft cominci a ruotare minacciosamente. La rotazione si rafforza nel temporale e si organizza divenendo più stretta ma molto più intensa poichè gli updrafts diventano stretti e tesi a causa dall'accelerazione dell'aria ascendente a sua volta indotta dal wind shear. Oltretutto l'intervento in quota della corrente a getto determina un deciso aumento della convergenza al suolo (incontro di masse d’aria con differenti caratteristiche e provenienza), favorendo così lo sviluppo di un asse di rotazione all’interno del cumulonembo. In tal modo l'updraft si trasforma in un mesociclone, alla cui estremità inferiore potrà comparire una minacciosa wall cloud (nube a muro) che è un possibile indicatore per lo sviluppo di tornado. La rotazione del mesociclone quindi deriva dal trasferimento di vorticità (capacità dell'aria a ruotare su un asse) dall'inflow all'updraft. Il potenziale per una rotazione è più alto quando l'aria entrando nel temporale gira nettamente sulla destra con l'altezza ciò avviene grazie al wind shear positivo, ovvero al fatto che il sistema temporalesco si muove da W con un inflow da SE. Abbiamo quindi venti al suolo da SE e venti in quota da W (wind shear positivo). Questi temporali sono più adatti a ruotare rispetto a quelli in cui l'inflow è allineato con la corrente in quota. C'è da dire anche che la supercella è un sistema autoalimentato poichè la rotazione favorisce la convezione e viceversa; nelle supercelle quindi non è presente la rigenerazione, fenomeno tipico dei precedenti tipi di temporali. Inoltre, per definizione, una supercella non è un temporale multicellulare tuttavia la stessa supercella può contenere anche due mesocicloni. Un'influenza finale arriva quando una fase più severa conduce un intenso downdraft (correnti discendenti presenti all’interno di ogni temporale, accompagnano la pioggia e la grandine in discesa dal cuore del TS) che interagisce con l'updraft adiacente creando così un vortice più piccolo dentro il mesociclone quest'ultima "spinta" a favore del mesociclone può essere osservata da lontano come una fase di burst (alla base del Cb) e di overshooting top (cupola al di sopra dell'incudine) che poi collassa. Allo stesso tempo, la corrente che può essere identificata dietro al temporale viene deviata verso il terreno (il nome tecnico è Rear Flank Downdraft, RFD) incrementando ulteriormente la rotazione tale aumento della rotazione è direttamente individuabile nella wall cloud, la quale vedrà aumentare il suo tasso di rotazione e dalla quale potrebbe anche svilupparsi un funnel cloud con l'eventuale progressione in tornado. Poichè l'updraft ruota lentamente, esso può avvolgere parte del downdraft attorno a sè stesso, producendo un secondo e piccolo downdraft sull'altro lato del medesimo updraft. Questo involucro dell'outflow con le precipitazioni attorno all'updraft principale è visibile sul radar come un eco ad uncino (hook echo). Riepilogando, le condizioni ideali per lo sviluppo dei temporali tornadici sono: 1) forte updraft che richiede a sua volta aria caldo-umida nei bassi strati 2) vento che gira verso destra con l'altezza (wind shear positivo) 3) forti venti alla sommità della nube (es. corrente a getto)
I fulmini sono scariche elettriche derivanti da un accumulo di cariche elettriche di segno opposto che si viene a creare tra il suolo ed il Cb, il quale sembra che separi le cariche positive da quelle negative concentrandole in regioni diverse. Sembra che i cristalli di ghiaccio alla sommità della nube siano caricati positivamente, mentre le gocce d'acqua alla base della nube sono caricate negativamente. Sotto la base del temporale il suolo assume carica positiva e questa regione si muove assieme al Cb, mentre il terreno esterno al perimetro del Cb mantiene carica negativa. Si creano quindi differenze di potenziale e ciò produce un'attrazione reciproca delle cariche di segno opposto lo strato d'aria che le separa, sebbene sia un buon isolante, non riesce più a impedire il contatto tra le cariche e avviene così un vero e proprio "corto circuito" che si realizza nel fulmine. Le cariche negative si muovono verso quelle positive seguendo percorsi casuali a zig-zag (scarica portante). Quando si incontrano nasce il fulmine, che è sostenuto da un ritorno di cariche positive verso la nube (scarica di ritorno) che viaggia alla velocità di circa 96.000 km/s ma noi osserveremo solo un'unica scarica, in quanto i nostri occhi non riescono a distinguere le due scariche. Tuttavia, il canale percorso dalla prima scarica può essere utilizzato da altri fulmini e se ciò avviene si ha il tipico effetto intermittente. Il processo continuerà fino a quando tutte le cariche elettriche della nube saranno state dissipate.
Tipo 1: nube-suolo (fulmine negativo) partono dalla base della nube, caricata negativamente, al suolo, caricato positivamente. La superficie terrestre e gli oggetti sopra la stessa conducono l'elettricità molto meglio dell'aria perciò i fulmini sfruttano il "potere delle punte" seguendo il percorso più breve ed abbattendosi su montagne, campanili, antenne, grandi alberi isolati (pioppi, querce e olmi in primis). Sono visibili non oltre i 70 km. Tipo 2: nube-suolo (fulmine positivo) non partono dalla base del cumulonembo, bensì dalla sua sommità caricata positivamente e la regione di suolo esterna al perimetro del temporale che è caricata negativamente questi sono i fulmini positivi che possono raggiungere addirittura lunghezze di 40-50 km per quanto riguarda la sola scarica principale (senza le ramificazioni) se questa si abbatte molto distante dalla base del Cb. Evidentemente sono casi più unici che rari vengono chiamati fulmini a ciel sereno, anche se così non è; comunque lunghezze di 20-30 km possono tranquillamente verificarsi. Tipo 3 nube-nube o lampi (fulmine negativi) si producono all'interno del Cb quando la scarica elettrica passa tra la base della nube (caricata negativamente) e la sua sommità (caricata positivamente). La zona della nube ove in genere si sviluppa il maggior numero di lampi è quella a maggior concentrazione di gocce sopraffuse a contatto coi cristalli di ghiaccio per via del diverso potenziale elettrico tra cristalli e gocce che si scontrano tra di loro. Queste scariche illuminano dall'interno il temporale, per cui la loro luminosità può essere utilizzata per valutare la consistenza dello stesso per esempio, i lampi possono illuminare l'overshooting top, e questo già ci deve mettere all'erta perchè in questo caso stiamo parlando di una supercella. Considerato che i lampi scoccano a quote più elevate rispetto ai fulmini nube-suolo, essi sono visibili da molto lontano se l'aria è limpida e la zona è pianeggiante. Se invece c'è foschia sono visibili intorno alla centinaia di Km la foschia scherma il cielo e al più si vedono lontani bagliori diffusi. Tipo 4: nube-aria si verificano quando una scarica elettrica si propaga tra un accumulo di cariche negative o positive all'interno della nube e una zona di cariche opposte nell'atmosfera circostante. Solitamente sono fulmini molto sottili, deboli e corti rispetto ai precedenti e prevalgono di gran lunga alla sommità della nube perciò sono anch'essi visibili da grande distanza.
Quella seguente è una dettagliata spiegazione della situazione configurativa che permise la caduta di oltre 115 cm di neve nella sola giornata del 15 Aprile 1995 nella piana del Fucino, ed in special modo ad Avezzano. Molto colpite furono anche tutte le zone, al di sopra dei 600 metri, dell'appennino centrale. Una data che solo a menzionarla fa pensare alla primavera piena ma ciò nonostante foriera di neve !! Dall'11 aprile '95 in quota un cut-off ciclonico (goccia fredda) riesce a sganciarsi da una saccatura di origine polare e rimane sui Balcani con piccoli spostamenti fino al 14 aprile. Spostamenti circoscritti dalla solida barriera altopressoria hp della Azzore con hp russo-siberiana abbastanza agganciate e in fase era di loro (quasi un ponte di Wejikoff). Di fatto formanti una barriera che, oltre a boccare, da NE alimenta il cut-off. Il 13 Aprile un cuneo di alta pressione di matrice azzorriana (già da molti giorni elevata verso Nord su latitudini inglesi) si "insinua" dall'Inghilterra fino alla bassa Scandinavia (complice un leggero spostamento verso est dell'hp siberiano ed un suo leggero cedimento nel suo settore più occidentale) favorendo di fatto lo "scivolamento" retrogrado NE--->SW del cut-off ciclonico che da giorni più o meno latentemente permaneva, bloccato, sui balcani e d Europa dell'Est. In figura la traiettoria in blu del cut-off ciclonico dal suo punto di partenza il 13 aprile fin sull'Italia il 15 aprile.
Dal 13 Aprile, quindi, il cut-off prende la traiettoria italiana abbastanza velocemente. Ma cosa c'è in Italia il 14 Aprile? Ossia il giorno prima del "grande evento"? L'Italia risente, in bassa troposfera, di un richiamo caldo di matrice africana evindenziato in rosso nel riquadro a destra, mappa del geopotenziale e temperatura a 850hPa. Nei colori della mappa della temperatura a 850hpa si nota un "promontorio termico" che dall'Africa influenza la nostra penisola. Nel frattempo il cut-off scende da Nord-Est.
Ma il cut-off in quota ormai si "tuffa" sull'Italia con un asse tale che l'Italia centrale rimarrà a SSE di esso, ossia nella zona dove in quota spira il SW e di più alta instabilità. L'irruzione apporta notevole avvezione di vorticità, e di notevole freddo in quota. Il cut-off in quota roto-trasla con direttrice NE---->SW trovando al suolo il calore sviluppato dalla precedente circolazione altopressoria! E' chiaro che lo sviluppo dell'instabilità sarà notevolissimo e per giunta, in Italia centrale, sotto il giusto comparto del SW in quota. Seguire la traiettoria del cut-off tra il 14 e il 15 Aprile nelle due mappe seguenti e soprattutto l'entrata del suo asse disposto lungo la direttrice SW<---->NE
Nella mappa seguente è tracciato l'asse del cut-off. Notare come l'Italia centrale viene a trovarsi a SSE di esso e quindi nell'area di maggiore instabilità:
Una parte davvero importante nell'incursione fu l'alta ur a 700hPa presente in corrisiondenza del bordo meridionale del cut-off ciclonico. Basta vedere la mappa per rendersene conto. E' chiaro che l'avvezione fredda in quota, e per giunta ben organizzata ciclonicamente, ha innescato moti verticali dell'aria (instabilità) che con quella ur elevata ha prodotto sistemi nuvolosi davvero forieri di precipitazioni. Mappa dell'ur a 700hPa che mostra un gradiente SE---->NW, ossia essa diminuisce considerevolmente procedendo da SE verso NW.
L'Italia centrale, quindi, si è trovata sotto il giusto connubbio di: - flusso ciclonico da SW attivato dalla disposizione del cut-off in quota - temperatura abbastanza fredda a 500hPa (fra -27 e -28°C) - elevata a 700hPa (disposta proprio sotto il bordo meridionale del cut-off) L'elevata instabilità creata ha prodotto riversamento del freddo al suolo durante le precipitazioni che ha aiutato la caduta della neve fino a quote relativamente basse. Da mettere in rilievo la disposizione delle isoterme a 500hPa che rispecchia con buona approssimazione anche quella delle isobare.
Dal grafico del radiosondaggio (Pratica di Mare) del 15 Aprile 1995 00z si vede bene come dai 700 mt ai 3000 mt s.l.m. circa il profilo verticale della temperatura di stato con quella di rugiada formano una linea unica (ossia coincidono praticamente di valore). Poichè lo strato è alto, il grafico indica uno sviluppo nuvoloso cumulogenetico, ossia ad elevato spessore verticale così come succede in genere durante l'arrivo delle gocce fredde in quota a forte vorticità ciclonica. In linea con il fatto che sull'Italia centrale si sviluppò non una stratificazione orizzontale delle nubi (più tipica dei fronti caldi in bassa troposfera) ma, appunto nuvolosità a forte sviluppo verticale e prodotta dalla forte instabilità.
Come spesso accade in queste situazioni, su scala emisferica l'Italia si è vista raggiungere da una saccatura in quota proveniente dal Polo in discesa meridiana e leggermente retrograda. "Merito" dell'alta delle Azzorre in approfondimento e risalita verso Nord, come si vede nella figura sottostante. Questo tipo di configurazione favorisce una ondulazione delle onde di Rosby tale che sul Mediterraneo converge da Nord flusso depressionario freddo. Comunque non tutte le incursioni fredde "storiche" sono state accompagnate da una hp azzorriano forte e in risalita.
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