Nella parte in cui i Simbruini toccano il loro culmine con le vette di Monte Tarino (1961m) e Monte Cotento (2014m),
a cavallo tra le Province di Roma, Frosinone e L’Aquila, dove fino alla metà dell’Ottocento correva il confine territoriale
tra lo Stato Pontificio ed il Regno Borbonico, oggi ancora osservabile grazie gli antichi cippi di confine posti tra il 1846 ed il 1847,
si apre il bellissimo e verdeggiante Campo del Ceraso posto tra quota 1450m e 1550m, in cui si trova l’omonimo rifugio
posto oramai in condizioni di parziale abbandono.
Ci troviamo nella zona più remota e selvaggia del Parco Regionale dei Monti Simbruini, sede del più grande ghiacciaio
dell’Italia centrale in epoca wurmiana, nel quadrilatero chiuso a Sud-Est dalla località di Campo Staffi (FR), a Sud-Ovest
dal comune di Vallepietra (RM) e, nella parte occidentale, dal centro turistico di Camporotondo (AQ) e dal comune di Castellafiume (AQ).
Provenendo da Camporotondo si devia in maniera decisa in direzione Nord-Est,
seguendo la carrareccia che dal Ceraso si stacca per raggiungere, dopo un tratto molto ripido e dissestato nella faggeta, una bella valletta.
La zona sulla cartina geografica è chiamata “Campitelli”, ma si rinvengono anche cartelli faunistico – venatori, posti dai comuni
di Castellafiume e Capistrello, indicanti la località col nome di “Santa Maria”. All’inizio dell’estate i prati sono ricchi delle fioriture tipiche dell’ambiente montano appenninico, col verde come colore predominante; in autunno i colori della faggeta assumono tinte ricche di sfumature, che variano dal giallo, al rosso acceso, al marrone. In inverno sono invece il bianco della neve ed il marrone spento dei faggi a prevalere su tutto.
Superata la valletta di cui sopra, a forma circolare, dopo un ultimo tratto in salita nella faggeta, si perviene in una seconda valle, stavolta stretta e profonda. Al termine di questa, a quota 1707 m.s.l.m., il fenomeno del carsismo, unitamente all’azione prodotta dagli agenti atmosferici nel corso dei millenni, ha creato una piccola dolina ad imbuto sovrastata in ogni direzione da fianchi di roccia, terra ed erba alti fino a 12 metri. In questo punto esatto è stata individuata la location dove installare la stazione termometrica remota – denominata “Santa Maria” - per il progetto “40 sottozero”.
Da subito, infatti, il luogo ha evidenziato di possedere le caratteristiche potenziali necessarie per toccare la fatidica soglia termica negativa.
Rispetto alle zone limitrofe ricoperte di faggete, nella depressione e nelle sue immediate vicinanze si nota
una totale assenza di alberi a medio/alto fusto, sintomo che nella stagione fredda i picchi termici superano i 20 gradi sottozero.
Soglia oltre la quale i faggi non riescono a sopravvivere. Presenza, in estate avanzata, di piante letteralmente “bruciate”, fenomeno
che indica il verificarsi di forti gelate anche nel periodo più mite dell’anno.
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