Thomas Di Fiore Socio fondatore dell'associazione AQ Caput frigoris
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Mi appresto a scrivere alcune osservazioni sul clima delle tre conche disposte nell’ Abruzzo interno lungo l’asse l’Aquila – Sulmona, situate tra i 250 mt di Popoli – Bussi Officine e gli 850 mt della piana di Montereale.
Innanzitutto occorre rilevare che intorno alle predette valli si erigono imponenti catene montuose in tutte le direzioni, da ciò la denominazione di “conche intermontane”: a nord ed ad est sono i Monti della Laga, culminanti con la cima del Monte Gorzano (mt 2458), massiccio, unico in appennino, arenaceo; il Gran Sasso d’Italia (mt 2914 del Corno Grande), poderosa bastionata calcarea, composta anche da dolomie, lunga oltre 40 km, che giunge in direzione sud-est sino alle gole di Popoli. Infine a sud-est, ultimo baluardo prima della fascia collinare degradante verso il Mar Adriatico, svetta la Maiella (mt 2758) come una muraglia con molte cime che superano i 2600 mt (mediamente è il massiccio montuoso più alto dell’appennino) e, appena sopra la conca Peligna, la catena scoscesa del Morrone (2061 mt) che non è altro che l’estrema propaggine meridionale del massiccio del Gran Sasso.
Sul bordo occidentale corrono i Monti Calvo, il Velino ed il Sirente.
La conca Aquilana, insieme a quella di Montereale è la più elevata in quota oltre ad essere anche la più fredda: la prima va da un minimo 600-550 mt di Bazzano e San Demetrio né Vestini (Bassa Valle Aquilana), sino ai 700-750 mt di Preturo e Scoppito (Alta Valle Aquilana).
L’Alta valle aquilana, interposta tra L’Aquila e Montereale, data anche la quota più elevata, è soggetta alle più significative inversioni termiche notturne: non a caso temperature basse si riscontrano anche in piena estate; l’ultima significativa fu la mattina del 31 agosto 2006, quando la temperatura scese sotto zero lasciando al suolo un leggero strato di brina.
Il regime precipitativo più significativo, con le perturbazioni provenienti da ponente, libeccio o maestrale che sia, a volte lascia cadere molti millimetri di pioggia, che con maestrale, dai meteo-appassionati chiamato “rodanata”, apporta forti nevicate: nel Febbraio 1983 la conca di Montereale fu semisepolta da ben 250 cm. di neve, con il susseguirsi di una catena di perturbazioni nord africane in quota e spinte da un vento nord-occidentale al suolo.
I venti da levante, creando un forte effetto stau sul versante orientale sopravvento della catena della Laga e del Gran Sasso, con a volte precipitazioni eccezionali (fino a 250mm di pioggia in 24 ore o alcuni metri di neve a seconda del periodo) creano un effetto foehn nel versante di Montereale, che non viene però eccessivamente mitigato in considerazione della quota, sebbene si assista ad una sensibile diminuzione delle precipitazioni. Oltre questo versante, ove l’effetto stau passa in maniera un po’ piu’ significativa, vi e’ la zona tra i centri di Pizzoli e Barete (all’inizio dell’Alta Valle dell’Aterno). Di ciò ce se ne accorge dal vento, che a raffiche scende violentemente dal monte Mozzano (1497mt), accompagnato da nevischio, piovaschi e nebbia riversa sul suddetto monte. Il tutto e’ favorito dall’abbassamento dei Monti della Laga dopo Monte di Mezzo (2130mt) verso il Monte Cardito (1760mt), prima di risalire, dopo la Valle del Vomano verso le alte cime del Gran Sasso D’Italia. Ma anche qui, tra Marana di Montereale e Cermone, che segna il confine tra l’Alta Valle dell’Aterno e la Conca Aquilana, le precipitazioni maggiori provengono dai quadranti occidentali .
Le medesime caratteristiche presenta la conca Aquilana; la zona posta a valle appena dopo Sella di Corno, Vigliano e poi Scoppito, e’ piovosissima con venti occidentali, (Sella di Corno alcune volte ha superato i 3000 mm annui), i quali vanno via via diminuendo decisamente dopo la citta’ dell’Aquila, magari con un vento sempre piu’potente al di la’ della catena orientale (Gran Sasso, Morrone, Maiella) per discendere verso la costa Adriatica con cieli quasi sereni su Pescara, aria secca ed assenza di piogge e temperature alte per via dell’effetto favonico, per poi ricaricarsi di umidita’ lungo il mare e catapultarsi, a volte in modo drammatico con formazioni di supercelle e varie trombe marine e quindi con azioni temporalesche autorigeneranti, sulle coste Croate, a 230km di distanza dalle nostre spiaggie. A tutto questo contribuisce in modo importante sicuramente l’orografia della catena appenninica.
Ma torniamo a noi: la complessita’ dei rilievi gioca un ruolo fondamentale per le precipitazioni meteoriche.
Come gia’ accennato, l’esaltazione dello stau sui rilievi circostanti, a seconda della provenienza della perturbazione fa si che le suddette conche non ricevano quantitativi molto elevati.
Tanto per fare un esempio, la conca di Capestrano-Ofena, nella sua parte più “estesa”, se così vogliamo dire, lungo l’asse Santa Pelagia - Il piano registrava non più di 550 mm negli anni tra il 1920-1960, ed in qualche caso, tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80, ha superato i 700 mm.
Attualmente sono alcuni anni che i valori si assestano a non più di 350 mm, quindi si sono perduti qualcosa come il 30%, dovuto agli effetti dei cambiamenti climatici che hanno comportato un’anomala persistenza, via via più ostinata, dell’anticiclone sub-tropicale, le cui cause non sono agevoli da individuare.
Eppure codesta conca, anche se particolarmente riparata, riceve una forte quantità di piogge in casi in cui, con la formazione di una ciclogenesi con perno rotante sullo Ionio, invia verso l’Italia centrale forti venti di scirocco con sigla abbreviata CTW (Continental Tropical Warm), i quali umidificandosi prima sul Mediterraneo e poi lungo la risalita adriatica, entrano nella Valle Tritana tra Forca di Penne ed il gruppo della Maiella, talvolta violenti, scaricando in 24 ore anche 110 mm di pioggia. Nella parte rivolta verso la Valle Peligna precipitazioni così forti giungono fino sotto l’abitato di Roccacasale, inondando fortemente Popoli, Corfinio e Raiano; molto meno la città di Sulmona, che avendo in questo caso la Maiella ed il Morrone alle spalle, creano uno stau simile a quello provocato dal massiccio del Gran Sasso con i venti freddi da nord-est rispetto alla conca di Capestrano – Ofena, effetto che si accentua nella conca aquilana.
Ma codesti venti, in modo abbreviato noti come CPK (Continental Polar Cold) oppure CAK (Continental Artic Cold), scendendo dalle alte cime del Gran Sasso verso le conche divengono venti di caduta, come sopra già rimarcato, fenizzando le predette conche, fenomeno che invece si verifica solo in parte nella Valle Peligna, visto che i venti nord-orientali entrano dalle gole di Popoli, che a loro volta formano un nuovo caso di stau sui monti tra Rotella-Genzana-Monte Prezza scaricando pesanti quantità di neve, appena a ridosso di Sulmona, in particolare in prossimità dei centri di Bugnara, Introdacqua, Rocca Pia e Pettorano Sul Gizio.
Ma il paese più nevoso resta Pacentro (posto a soli 686 mt di quota), ove lo stau della banda sopravvento dell’asse Morrone – Maiella – Pescofalcone – Tre Portoni, riesce a scollinare da Passo San Leonardo (1282 mt) ed insinuandosi lungo la Valle del Vella , raggiunge l’abitato, invaso anche dall’altro effetto stau anzidetto, il quale ripiega da sud-sud ovest. E’ uno dei centri più nevosi d’Abruzzo.
Ed infatti nel 1999 a gennaio la neve sommerse l’abitato con oltre 2 mt, quando ad esempio a Capestrano, che è posto 150 mt più in basso e 40 km più a nord, non si superavano i 50 cm. A L’Aquila il manto nevoso sfiorò i 40 cm, una quantità ottima, vista la provenienza della perturbazione dai quadranti nord-orientali, che valicò totalmente la catena del Gran Sasso.
Nel 2001 si toccarono i 170 cm a Pacentro, i 150 a Pettorano, i 200 a Rocca Pia e Campo di Giove, gli 80 cm a Sulmona.
Nella conca di Capestrano si registrarono 20 cm e 30 cm ad Ofena, 70 cm a Villa Santa Lucia, quasi un metro a Castel del Monte (mt 1346).
A L’Aquila una gelida spolverata ed una trentina di centimetri alle Rocche.
L’Aquila resta il capoluogo di provincia più freddo d’Italia grazie alle cruente inversioni termiche notturne di conca tra le più terribili dell’appennino in relazione al livello altimetrico, e persino più severe di quelle proprie di alcune valli alpine poste a quota analoga, come la conca di Aosta per citare un esempio.
Nel 1985 si raggiunsero all’aeroporto di Preturo i -27,8 °C, a Capestrano i -23 °C (Santa Pelagia), i -21 °C a Sulmona: conche che tutto sommato in estate vengono arroventate dal sole e, vista la presenza, oramai in qualsiasi stagione (estate in primis), dell’anticiclone sub-tropicale detto in gergo “il gobbo di Algeri”, a L’Aquila si possono superare i 35 °C, con punte di oltre 42 a Capestrano e Sulmona, valori negli anni passati decisamente inconsueti.
Come accennavo prima, le precipitazioni sono diminuite sul territorio in esame di un buon 30%.
Le correnti atlantiche una volta in autunno erano la norma, con il gioco dell’anticiclone delle Azzorre (anch’esso ormai dato spesso per disperso); ora invece quello Africano è sempre più l’assoluto protagonista. E tra l’altro forti nevicate nella città dell’Aquila non si hanno più come avveniva fino ai primi anni ’70 in cui talvolta si toccava anche il metro in un unico episodio perturbato.
Senza ovviamente considerare gli eventi eccezionali del 1929-1956, ma eravamo da poco usciti dalla PEG (Piccola Era Glaciale).
Per il futuro non si può certo dire se questa preoccupante tendenza continuerà nelle nostre zone, le quali potrebbero addirittura andare incontro ad una desertificazione.
Nel Medioevo ad esempio la temperatura media era appunto più alta di adesso (optimum medievale) per poi ripiombare in 400 anni, dal 1450 al 1850 nella sopracitata PEG.
E specialmente nell’800 l’abbassamento termico fu anche favorito ed accelerato dalle eruzioni di alcuni vulcani tra i quali due indonesiani, che addirittura esplosero: il Monte Tambora (anno 1815) ed il Monte Krakatoa (anno 1883); il primo fu anche la causa dell’anno senza estate nell’emisfero nord (anno 1816), tanto che in Abruzzo la neve la fece da padrona sui monti anche a quote basse fino a giugno.
Ma questo è un discorso che prenderò in esame prossimamente.
Thomas Di Fiore
Segretario dell’Associazione AQ Caput frigoris
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