Ubicazione geografica | Ubicazione fisica | ||||||||||
42° 15' Nord | 270 cm | ||||||||||
13° 45' Est | Schermo Davis passivo | ||||||||||
394 metri s.l.m. | Extra-urbana | ||||||||||
Valle | terra battuta mista a prato | ||||||||||
Strumentazione | |||||||||||
Stazione Davis Vantage VUE | |||||||||||
Descrizione morfologica e climatologica della località | |||||||||||
Immerso in un contesto paesaggistico ai margini del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga - terza riserva naturale protetta più grande d'Italia per estensione territoriale - e custode di splendide testimonianze di arte ed architettura medievale e rinascimentale, Capestrano si staglia agli occhi del visitatore come armonicamente organizzato intorno al bellissimo Castello dei Piccolomini d’Aragona, visitabile durante tutto l’anno, sede del Municipio.
E’ un borgo medioevale, a 505 metri di altitudine, prettamente agricolo: territorio da scoprire, passeggiando tra i suoi vicoli e scorgendo la bellezza delle chiese antiche e dei palazzi nobiliari; da assaporare, rievocando la degustazione di casarecci piatti tipici proposti nelle partecipazioni a fiere e sagre; da vivere! Il comune, comprende Santa Pelagia, Capo d’Acqua, Presciano e San Martino, poste nella valle del Tirino, mentre altre due frazioni - Scarafano e Forca di Penne, rispettivamente a 835 e 918 metri di altitudine – sono raggiungibili percorrendo la carrozzabile SP 602, salendo appunto al valico omonimo. La località, che dista poco più di 40 chilometri dal capoluogo di regione abruzzese, è accessibile percorrendo l’autostrada A24 (uscendo a L’Aquila Est e proseguendo, poi, per la S.S. 17 e per la S.S.153) ovvero transitando sull’autostrada A25 (uscendo a Bussi-Popoli e proseguendo dapprima sulla S.S.5 e, successivamente, sulla suddetta S.S.153). La suddetta valle, in epoca romana chiamata ‘’Tritana’’ o ‘’Valle Trita’’, ospitava la fiorente città di Aufinium, centro culturale nonché sede di una rinomata scuola filosofica, tanto che i romani la elevarono al rango di “municipium”; gli abitanti appartenevano al noto gruppo dei Vestini e furono a lungo fedeli a Roma. Essa risulta posizionata tra le province dell’Aquila e di Pescara - in particolare tra l’Altopiano carsico di Navelli (ubicato tra i massicci del Gran Sasso d'Italia, a nord, del Sirente-Velino e della valle Subequana, a sud-ovest e della Majella e della valle Peligna, a sudest) e la valle dell’Aterno, sotto l’imponente Gran Sasso, detto anche ‘’il piccolo Tibet’’ - ed assorbe, oltre Capestrano, anche i Comuni di Ofena e Bussi sul Tirino (sedi di ulteriori centraline meteorologiche installate dall’Associazione AQ Caput frigoris). La valle Tritana è così denominata in virtù delle tre sorgenti principali (Presciano, Lago Vatormina e Capo d'Acqua) che, dopo un sotterraneo tragitto carsico di circa venticinque chilometri, fuoriescono dal sistema acquifero di Campo Imperatore che alimenta integralmente il fiume Tirino, autentico gioiello del Parco. Riguardo alle suddette sorgenti, in particolare, due di esse, Presciano ed il lago Vatormina (quest'ultima considerata da sempre ''la spiaggia del borgo'' per la serenità che l'ambiente trasfonde grazie alla presenza di piccole sorgive sommerse tra vitigni e campi coltivati) sono le più vicine all’abitato distandone circa due chilometri, mentre la terza – Capo d’Acqua - definita nel panorama turistico internazionale ''la piccola Atlantide d'Abruzzo'', è situata a circa cinque chilometri dal paese. Nei pressi del lago Vatormina si trova il colle Sant’Antonino: qui specie endemiche di “Goniolimon italicum” (Limonio aquilano), vegetali tra i più rari al mondo che sono presenti in natura solo in pochissime località delle conche aquilane, convivono con gli scavi archeologici dell'antico teatro italico dove, in epoca pre-romana, avvenivano gli scambi commerciali di un antico mercato. Nei pressi delle pendici occidentali del monte Scarafano, invece, le acque sorgive di Capo d'Acqua sono invasate in un bacino artificiale che forma l’affascinante lago d'altura di Capo d'Acqua. Anticamente, nei terreni oggi sommersi dalle acque del lago, esistevano due mulini – all'epoca capeggiati dai Varlengia – ed un colorificio. Il luogo appare come avvolto in un alone di mistero; affascinante è tutto il contesto che garantisce un richiamo per gli appassionati di immersione (unici autorizzati dal Parco che vieta, invece, altri tipi di attività che potrebbero disturbare la fauna aviaria che ivi sverna durante le migrazioni). Proprio nel circondario prossimo ai mulini in pietra si tramanda la tradizione di curare la produzione di farro, grano solina (prodotto autoctono che possiede caratteristiche ancestrali tipiche abruzzesi risultando forte, resistente al freddo ed adatto alla coltivazione biologica perché non abbisogna di diserbanti che lo difendano dalle erbe infestanti), ceci e fagioli “poverelli” con l’applicazione di un metodo che rispetta la biodiversità delle colture. Nell’anno 2014 la Fondazione ‘’Slow Food per la Biodiversità’’ Onlus ha inserito il grano solina tra gli alimenti tutelati dall’Arca del Gusto e nel 2015 la solina è entrata a pieno titolo nei presìdi abruzzesi Slow Food. Il paesaggio del luogo monitorato, spesso visibilmente brullo e sassoso, risulta pertanto concretamente integrato dal Tirino (annoverato tra i bacini più puliti d'Europa) che ha contribuito nel tempo allo sviluppo di Capestrano e del circondario. Per il suo incedere tranquillo è detto anche ‘’Silente’’ caratterizzandosi altresì non solo per la presenza di numerose fonti sorgive (cc.dd. polle d’acqua) che zampillano nel suo letto ed in varie aree limitrofe, ma anche per le acque omotermiche: sia in inverno che d’estate, infatti, esse riescono a mantenere la temperatura attorno ai 10° C impedendo, peraltro, il proliferare di alghe e piante lacustri. Il Tirino, rinomato inoltre per una particolarissima esperienza per cui il visitatore può optare, cioè una suggestiva escursione in canoa al chiaro di luna, è anche frequentato da coloro che intendano praticare la camminata nordica lungo le sue anse: partendo da ponte San Martino, si costeggiano dei campi (ove si coltiva anche la canapa per la produzione di prodotti alimentari) per giungere presso una splendida ansa sede di una piacevole area di sosta che mira oltre i canneti il crinale del monte Bolza (1.904 metri). Lungo il suo tragitto la vegetazione si presenta lussureggiante, mentre la nitidezza delle acque consente di protrarre lo sguardo fin verso il fondale ove, recentemente, sarebbero state avvistate piccole colonie di gamberi delle quali si era quasi estinta la consistente popolazione; grazie anche all’abbondante ossigenazione di cui gode, il fiume favorisce lo stanziamento e la proliferazione di una specie autoctona: la trota Fario. Il punto in cui i due rami delle acque si incontrano per formare il fiume Tirino è chiamato Ranocchiara e i terreni coltivati ai bordi del fiume sono detti ‘’Le canapine’’. Curiosità storico-culturale vuole che, proprio sull'istmo di terra a ridosso dell'acqua alla Ranocchiara, appartenuto al marchese Migliorati (partito con Garibaldi nella spedizione dei Mille), sarebbero avvenute in passato tutte le trattative di vendita. Nei pressi delle sorgenti del fiume, appena sotto il borgo di Capestrano, è stata scoperta la più famosa necropoli arcaica del territorio. Il celebre "Guerriero" e la sua probabile figlia (o consorte), la "Dama" di Capestrano, provengono proprio da questo sito. L’origine del nome del paese pare sia ‘’Caput presanum” (borgo sopra la sorgente Presciano) oppure “Caput trium amnium” (capo di tre sorgenti), a testimonianza di quanto la vita di ogni giorno, già dall’antichità, dipendesse dalle vicissitudini legate alle acque del predetto fiume e delle tre sorgive. Il paese fu edificato presumibilmente dagli abitanti di Aufinum, che si ritirarono in questi luoghi per evitare le razzie barbariche (le attuali origini del paese si fanno risalire all’incirca all’anno 880 con il raggrupparsi di piccoli nuclei di popolazioni che si erano sparsi nella valle dopo la distruzione della suddetta città): la necessità di difendersi trova conferma in una piccola torre di avvistamento che venne costruita al valico di Forca di Penne dove si erano affacciate delle bande di Saraceni. Inizialmente fu per molti anni sotto la podestà dei monaci Benedettini della grande Abbazia di San Pietro ad Oratorium, che sorgeva nel territorio a breve distanza dal paese. Nel III secolo, Capestrano fu feudo di Tolomeo di Raiano, mentre agli inizi del XIII secolo era un marchesato, con annessa la baronia di Carapelle (che comprendeva Castelvecchio Calvisio, Calascio e Santostefano, tutti paesi limitrofi alla valle). Nel 1584 divenne un principato che comprendeva Forca di Penne, il casale di Santa Pelagia, la fortezza di Castel del Monte e la baronia di Carapelle. Passò successivamente sotto il dominio dei signorotti delle varie epoche (degli Accrocciamuro, degli Acquaviva, dei Piccolomini, dei Medici granduchi di Toscana e, infine, dei Borbone del reame di Napoli e delle Due Sicilie). Nell’anno 1860 Capestrano entrò a far parte del Regno d’Italia. Il valore artistico del borgo ne è insito data la sovrapposizione delle architetture medievali e rinascimentali degli edifici. E’ consigliabile visitarlo con pazienza ‘’per lasciarsi affascinare da ciò che queste Pietre hanno da raccontare’’. Il nucleo centrale del paese è abbracciato da una cinta muraria, il cui accesso è consentito da cinque porte: Porta Parete, Porta del Sacco, Porta del Lago (scendendo sulla destra attraverso tale Porta, si trova la casa natale di San Giovanni recentemente ristrutturata), Porta la Palma e Porta Castello detta anche Porta la Macchia. Gli scavi della necropoli di Capestrano e dell’antico nonché vasto sito della città di Aufinum, poi, offrono la possibilità di perdere il senso del tempo, oppure, semplicemente, di ritrovarlo attraverso la rievocazione immaginaria delle diverse epoche storiche che hanno visto questa valle popolata sin dai tempi più antichi. Tra le antichità storiche, degne di menzione risultano: - il Convento di San Giovanni da Capestrano (patrono universale dei Cappellani militari del mondo): è il simbolo del paese nel mondo. Giovanni nacque a Capestrano nel 1386 da una donna della locale famiglia D’Amico e da un barone tedesco arrivato in paese al seguito di Luigi duca D’Angiò. Divenne ottimo giurista e fu brillante predicatore, tenace diplomatico pontificio, inquisitore contro gli ebrei ed i Saraceni dimoranti in Italia; praticò numerose guarigioni e, alla testa dei crociati, fermò a Belgrado l’esercito turco nel luglio del 1456. Prima di morire espresse il desiderio che tutti i suoi libri e manoscritti fossero riportati nella sua terra natia; così nel 1457, al fine di conservarli, fu iniziata la costruzione della Cappella detta di San Giovanni. La magnifica chiesa annessa al convento è dedicata a San Francesco. Al Santo è simbolicamente associato il ‘’piatto di San Giovanni’’, che rievoca il primo miracolo compiuto proprio presso l’Aia di famiglia (meta di continui pellegrinaggi ed adorazioni fino ai primi anni del 1900), nei pressi di Via Vallone a Capestrano: ‘‘’era estate, sul finire del 1300, ed il giovane San Giovanni, seduto sull’uscio di casa, suonava uno strumento a corda mentre giù nell’aia di famiglia dei contadini lavoravano il grano per la trebbiatura. Un improvviso temporale sorprese i contadini spazzando via tutto il grano che con fatica avevano raccolto. La madre di Giovanni, all’idea di aver perso tutto il grano si disperò, ma Lui la rassicurò nella consapevolezza che tutto sarebbe tornato al suo posto: dopo poco, una grande folata di vento rimise inspiegabilmente tutto il grano al suo posto! La madre tornò a cucinare il pranzo e, quando Giovanni posò il suo piatto su una pietra dell’aia, il fondo vi rimase impresso insieme alle forme del cucchiaio e del coltello, a futura memoria e testimonianza del miracolo avvenuto’’’; - il Castello Piccolomini: sorge al centro del paese, nella parte più alta con la facciata rivolta verso il centro abitato. L'edificio è costruito sui resti di una fortificazione medievale della quale rimane la torre quadrata interna posta in posizione irregolare rispetto al resto del castello. Visibile è lo stemma della famiglia Piccolomini, che lo ebbe in dono nel 1463 da re Ferdinando e lo conservò fino al 1579. Il castello, che resistette all’assalto di Braccio da Montone, assicurava il controllo e la difesa del territorio e vigilava sui commerci della lana e della transumanza; - la Chiesa di San Pietro ad Oratorium: immersa in un bosco particolarmente suggestivo sulla riva del Tirino e voluta dall’ultimo re longobardo – Desiderio - è stata annoverata tra i più importanti esemplari dell’architettura romanica italiana dopo il restauro del 1100. Nella circostanza, fu inserito nella facciata un blocco di pietra recante incisa una strana scritta – con al suo interno una complessa combinazione di segni mistici simbolici - composta di cinque parole in lingua latina la cui giustapposizione dà luogo a un palindromo ossia una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra o viceversa e dall’angolo alto a sinistra all’angolo basso a sinistra e viceversa (c.d. quadrato magico): ‘’rotas opera tenet arepo sator’’ ovvero “il Creatore ricorda le opere” – “tiene a mente il tuo operato”: con le lettere suddivise da una immaginaria croce greca centrale si ottengono due volte le parole "pater noster"!; - il guerriero di Capestrano: nel 1934 fu rinvenuta l'enigmatica statua del principe italico Nevio Pompuledio, più noto come il "Guerriero di Capestrano", assurto a simbolo dell'intero Abruzzo; si tratta di una scultura di un guerriero Piceno alta più di due metri conservata al Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo di Chieti; - il Parco delle Rimembranze: Sacrario ai Caduti senza Croce in luogo mistico del colle di San Giovanni dedicato ai numerosi morti delle due grandi guerre. Si tratta di una via selciata intorno al colle, segnata da una serie ordinata di cinquantatrè cipressi (il tempo e le vicissitudini hanno notevolmente rovinato il luogo, ma il locale gruppo degli Alpini, nel 2016, ha restituito decoro al luogo concedendo una sorta di seconda vita al Parco). Riguardo all’aspetto enogastronomico è certamente utile evidenziare che, se è vero che l’identità di un territorio si ritrova nel gusto dei suoi piatti tradizionali, il gambero di fiume e la trota del Tirino rappresentano l’immagine più autorevole della gastronomia locale. Si ricorda, di seguito, come l’autorevole Guida Touring Club “Abruzzo – Itinerari del gusto” descriva il territorio compreso tra la Baronia di Carapelle, l'Altopiano di Navelli e la Valle di Capestrano: ‘’’Dall'immensità di Campo Imperatore fino alla valle di Capestrano, si attraversano praterie preziose per la biodiversità, conche disegnate dai campi di cereali legumi, vigneti e uliveti che risalgono le pendici montane.’’’ La valle compresa tra Ofena e Capestrano è comunemente conosciuta con il nome di “Forno d’Abruzzo” a causa dell’esposizione a sud, della quota collinare non molto elevata e degli elevati picchi di temperatura estivi. Il clima - secco e con precipitazioni annue non consistenti – pertanto, fornisce viticolture di particolare pregio tipicamente legate a vigneti autoctoni di Montepulciano d'Abruzzo, Pecorino e Trebbiano. Tra le esperienze più suggestive da cogliere cenno di menziona merita, infine, il percorso dei “tratturi”, che collega l’Abruzzo montano con il Tavoliere delle Puglie. ‘’Jù trattùrë’’ era il percorso utilizzato dai pastori e dai loro armenti per “la transumanza”, ossia il trasferimento stagionale di mandrie e greggi da un pascolo all'altro (nelle stagioni fredde, in direzione sud, verso il mare e la calda Puglia; nei mesi caldi, nel percorso inverso per tornare ai freschi pascoli montani dell'Appennino centrale). Il Regio tratturo L’Aquila-Foggia, detto anche Tratturo del Re o Tratturo Magno, è il più lungo tra i tratturi italiani (244 chilometri circa): parte dal piazzale della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L'Aquila, attraversa tutta la conca di Capestrano e sormonta il valico di Forca di Penne (antico feudo appartenuto alla Baronia di Carapelle, con un piccolo centro abitato, un monastero in onore di San Vito e campi coltivati); raggiunge quindi la costa adriatica - dopo essere sceso verso le colline della vicina provincia di Pescara - entrando in Molise e costeggiando in ultimo la ferrovia fino a raggiunge Foggia. Proprio il valico di Forca di Penne costituisce il passo montano più affascinante del Tratturo Magno, con i resti di una sempre affascinante torre medievale che, per quanto gravemente lesionata dal sisma del 6 aprile 2009, conserva ostinatamente il tradizionale ed originario carisma. In passato era già nota l'importanza economica delle attività ad esso connesse garantendo ricchezza per le potenti famiglie feudali dei Piccolomini e dei Medici che, dalle loro torri fortificate di Capestrano, Forca di Penne e Calascio, svolgevano l'importante funzione di sorveglianza del percorso tratturale. Numerose specie ornitologiche come fringuelli, cardellini e verdoni lo attraversano nella loro migrazione o lo scelgono per la loro nidificazione (sparvieri e gheppi sulle rupi basse; poiane ed allocchi su quelle più alte). Fra i mammiferi si segnalano la presenza del lupo, dell'istrice, del tasso, della faina, della volpe e, sporadicamente, dell'orso. Dal punto di vista climatologico si può affermare che, tutto sommato, le caratteristiche locali non si differenziano da quelle relative all’area di Ofena, posta nella parte settentrionale della conca: scarsa la piovosità media annua (poco più di 500 millimetri); molto accentuata l’esposizione agli intensi raggi solari estivi, con valori termici massimi che non difficilmente superano i 40 °C. Tuttavia, la parte della vallata tra Capo d’Acqua fin verso il limite provinciale - presso l’abitato di Cirichiello - nel confine pescarese e del comune di Bussi, mostra un clima leggermente diverso, con piogge più presenti allorchè le correnti provengano da est. Riguardo alle stagioni, l’estate è generalmente rovente innestandosi il dominio dell’anticiclone sub tropicale: a giugno, luglio ed agosto 2007, a Santa Pelagia, si oltrepassarono i 40 °C per ben tre volte, con estremi rispettivamente di 40,8 °C, 41 °C e 40,3 °C; nell’anno 2009, il 23 e 24 luglio, si toccarono 42,2 °C e 41,8 °C; il 6 agosto 2012 si registrarono, invece, 40,2 °C; dal 3 al 8 agosto 2017, il suddetto limite di 40 °C fu superato per ben sei volte, con punte massime di 42,8 °C il giorno 4 e di 42,6 °C il giorno 5. Nelle estati più ‘’fresche’’, in cui domina l’alta pressione azzorriana, si possono comunque agevolmente toccare i 36 o 37 °C. Circa i temporali di calore, pur sempre possibili durante la stagione calda, si osserva che la zona in questione non ne risulta particolarmente esposta, rimanendo essi confinati verso l’alta piana di Navelli. Qualche volta si presentano in maniera accentuata, come accadde purtroppo, nell’evento occorso il 7 Giugno 2007 quando una violenta grandinata arrecò danni significativi non solo all’agricoltura. L’autunno è all’insegna del tempo mite, con precipitazioni altalenanti a seconda delle annate; il mese di settembre, in particolare, si offre talvolta con qualche rovescio temporalesco; gli accumuli, invece, sono consistenti soprattutto nelle frazioni montane di Scarafano, Forca di Penne e tra San Martino ed il confine provinciale con le perturbazioni entranti dai quadranti orientali (nel contesto di una classica depressione afro–mediterranea o dal nord Europa). Le nebbie mattutine, quasi sempre presenti in condizioni di bel tempo lungo il fiume Tirino, lasciano spazio - a novembre ma anche a fine ottobre - alle prime brinate notturne: ciò in concomitanza alla prima neve che cade sui monti vicini. Nel borgo di Capestrano, come tra l’altro nell’area valliva, le prime nevicate si possono avere fin dal mese di novembre; si ricorda, negli ultimi 40 anni circa, che i fiocchi hanno fatto la loro comparsa nel ‘81, ‘85, ‘88, ’93, ’95, ‘98, 2001, 2005 e 2013. La più precoce nevicata si ebbe tra il 4 ed il 5 novembre 1995, con oltre 20 centimetri di accumulo, analogamente al 20-21 novembre del 1998. La nevicata più abbondante, invece, rimane quella del 26 novembre 2013, con circa 30 centimetri di manto al suolo. La stagione invernale presenta sempre il fattore ‘’brinate’’, soprattutto nella valle del Tirino. La neve, spesso presente a Scarafano e Forca di Penne (a volte in quantitativi abbondanti, come accaduto nel gennaio 2017 con una coltre di quasi 2 metri), resta, più in basso, una comparsa periodica. Le annate in cui l’inverno è apparso in maniera buona o discreta sono state le seguenti: 83/84, 84/85, 85/86, 86/87, 88/89, 90/91, 91/92, 92/93, 94/95, 96/97, 98/99, 2001/2002, 03/04, 04/05, 05/06, 07/08, 11/12, 12/13, 13/14, 14/15, 16/17 e 18/19. Il lontano e rigido inverno 1980/81 rammenta ripetute perturbazioni da grecale. Il 3 febbraio 2012, caddero circa 60 centimetri di neve tra il borgo e la vallata, con altri apporti a seguire. A volte, come negli inverni 80/81, 83/84, 98/99 e 16/17, tanto per citarne alcuni, possono presentarsi enormi difficoltà presso le esposte frazioni di Scarafano e Forca di Penne essendo quasi a mille metri di altitudine. In sostanza, il clima generalmente mite della conca e del centro di Capestrano, favorisce, negli inverni meno rigidi, la fioritura dei mandorli addirittura dopo metà gennaio, anche se le gelate tardive, causa delle nevicate sui rilievi attorno, spesso si presentano anche dopo la metà di aprile infierendo dei colpi terribili alle viti. La primavera entra spesso abbastanza presto, con vari tipi di fioriture, su tutte mandorli e ciliegi. Di solito le giornate sono miti, anche se piuttosto fresche di notte nella vallata, meno in paese. Non tutte le stagioni primaverili sono uguali sotto l’aspetto precipitativo: alcune sono più bagnate, ‘’quando l’Atlantico è piuttosto presente’’, garantendo così ai contadini un buon raccolto del primo taglio di erba medica e lupinella; altre stagioni lo sono di meno, soffrendone i cereali (come grano ed orzo). In ogni caso, da maggio a settembre, i campi sono irrigui; ciò è di ausilio per il foraggio garantendo circa 5 tagli. Gli anziani raccontano che un tempo, prima della bonifica, l’estate portava i terreni a divenire distese di cardi ed erba secca per la siccità o bassa piovosità unite alla permeabilità carsica di questi suoli. Le rilevazioni meteorologiche sono assicurate da una stazione Davis VUE mentre i riportati riferimenti sono da intendersi aggiornati al gennaio 2019. |
|||||||||||
Foto | |||||||||||