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Nereto è un comune italiano di 5 436 abitanti della provincia di Teramo in Abruzzo. A Nereto ha sede la presidenza dell'Unione di Comuni "Città - Territorio Val Vibrata". Sorge su una collinetta al centro della Val Vibrata distante circa 10 km dalla costa adriatica e 50 km dal massiccio montuoso del Gran Sasso d'Italia. Il capoluogo di provincia è raggiungibile in appena 35 km ed è ben collegato anche con la regione Marche dalle cui principali città di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto dista circa 25 km. A nord confina con il comune di Controguerra, ad est con Corropoli, a sud con Sant'Omero e ad ovest con Torano Nuovo Nella classificazione sismica della protezione civile è identificato come Zona 2, cioè zona a sismicità media, mentre nella classificazione climatica è contrassegnato come Zona D. La stazione meteorologica si trova nell'area climatica dell'Italia centrale, dove è situato l'intero territorio regionale dell'Abruzzo, in provincia di Teramo, nel comune di Nereto, a 163 metri s.l.m. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +6,6 °C; quella dei mesi più caldi, luglio e agosto, è di +24,9 °C. Varie sono le ipotesi sull'origine del toponimo Nereto; Niccola Palma lo fa derivare dal greco ?????, luogo basso ed umido, altri da ????t??, luogo boscoso ed ameno o dal fiume dalmata Naretwa o Narenta, da cui la dizione dialettale di Narèta; Neretum è il toponimo latino, relitto del sostrato mediterraneo e potrebbe riflettere la base *nar /*ner diffusa dall'Iberia all'Illiria ed alla Grecia, indicante probabilmente "acqua" e presente in alcuni idronimi (cfr. il fiume Nera). Vista Piazza Cavour e Chiesa Maria SS. del Suffragio di Nereto. Nereto, come molti centri della val Vibrata, ha origini risalenti al neolitico. Secondo lo studioso neretese Giuseppe De' Guidobaldi Speranza i primi abitatori furono i Siculi, originari della Grecia, mentre l'appartenenza di Nereto all'Agro Truentino viene confermata da Niccola Palma. In età Romana il centro abitato sorgeva nell'odierna contrada di San Martino ed il suo nome era Vicus Gallianus, probabilmente possedimento di un certo Gallio o Galliano, a cui era stato concesso per meriti militari. La caduta dell'impero romano d'occidente e gli eventi che ne seguirono sconvolsero luoghi e culture. L'antico nucleo abitato, distrutto, fu ricostruito più a nord, incastellato proprio dove si trova attualmente, originando così il "Casale Nereti". Lo storico ascolano Antonio Marcucci, abate, nel suo testo settecentesco Saggio delle cose Ascolane e de' Vescovi di Ascoli Piceno afferma che lo stesso Carlo Magno, di passaggio ad Ascoli alla volta di Roma per l'incoronazione, in data 5 agosto dell'anno 800, EGO KAROLUS conferiva «...col mero e misto imperio, Nereto al Capo Emidio di Wenderando ed al Senato, Ancarano al Vescovo Justolfo e Maltignano all'Arcidiacono Rinaldo ed al Capitolo». Dopo l'anno 1000 giunsero in queste terre i monaci benedettini che introdussero il culto di san Martino, edificando una chiesa in onore del santo sui ruderi del Vico Galliano. Nel frattempo questo territorio, che dai tempi di Augusto aveva fatto parte del Piceno, fu unito dai Normanni al Regno di Napoli, divenendo così zona di frontiera. Fu infatti re Ruggero II a fissare il confine del regno sul fiume Tronto. L'antico "Casale Nereti" si trasformò, allora, nel più importante Castrum Nereti, acquisendo anche funzioni difensive. Durante le lotte tra guelfi e ghibellini, ai tempi di papa Urbano IV e di re Manfredi, Nereto parteggiava per i guelfi, come attestava una iscrizione, ormai perduta, murata nella parte orientale del castello. Il 24 dicembre 1279, in epoca angioina, Nereto fu data in feudo ad Amelio de Agoto Courban, signore di Colonnella. Nel 1383 Carlo III, re di Durazzo, vendette alcune terre, fra cui Nereto, per 14.000 ducati al comune di Ascoli. Il 12 settembre 1385 Ascoli riprese possesso materiale del castello "Nereti", ricevendone le chiavi ed interrompendo così la parentesi Normanno-Svevo-Angioina. È da notare il notevole sforzo economico che Ascoli sostenne per riappropriarsi della sua storica baronia del piceno vibratiano, sempre insidiata dalla Signoria degli Acquaviva di Atri dalla vicina e fedele Corropoli, tant'è che Ascoli dovette continuamente tutelare la sua sovranità e prova ne sono i diplomi di conferma del 1461 di Ferdinando I, del 1508 di Ferdinando III, del 1530 di Carlo V. Le terre neretesi, così come quelle di Maltignano ed Ancarano, erano di vitale importanza per Ascoli, vista la conflittualità con Fermo, che da nord comprimeva spesso con successo il suo spazio vitale.
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